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Piccola Guida Responsabile del Perù

Gabriele Serrau Presidente di Peeruresponsabile
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LA VISITA DEL VALLE SAGRADO: Il circuito classico

Icona della mappa del Peru

Organizzazione e logistica del circuito Classico - Un circuito interessante in due o tre giorni...

Come ho gia detto è possibile visitare tutti i luoghi di interesse del Valle, o quasi, attraverso l’acquisto del bolleto turistico, dieci dollari per circa dodici siti. La visita di tutti questi luoghi, se ben fatta, può occupare due o tre giorni. Volendo anche di più. E questa potrebbe essere la soluzione per terminare il viaggio, ovvero si potrebbe, tornati dal Machu, ci si può dedicare alla visita dei siti archeologici che non si sono visitati prima della salita. Io, ad esempio, negli ultimi giorni mi sono affittato taxi e tassista e mi sono fatto scarrozzare in lungo ed in largo per tutto il Valle Sagrado, degustando con calma gli splendidi paesaggi costellati di terrazze de coltivo e le anse del fiume sacro, mentre ci spostavamo da un tesoro archeologico ad un altro su una sgangheratissima e singolarissima ford blu lapislazzulo con i cerchi bianchi. Il tutto può essere fatto anche in un modo molto più divertente e cioè attraverso l’uso dei cosiddetti collectivos, i proietti-pullmini peruviani nei quali si viaggia pigiati come sardine insieme agli autoctoni.


Dico proietti-pullmini perché, purtroppo, in Perù gli autisti dei pullmini raggiungono, guidando, delle velocità prossime al MAC 2, ovvero tendono a pigiare un pochino troppo sull’acceleratore. Vedere un combi su una strada di montagna peruviana e’ come vedere un concorde che sfreccia fra pecore e sandali di gomma!!! In realtà, questo accade più spesso con i grossi bus da turismo…quindi, mi raccomando, occhio a chi si sceglie per farsi trasportare e occhio anche quando si è sulla strada a camminare e passeggiare…c’è sempre un proietti-bus in agguato!!! Tornando ai nostri sconsigli di viaggio, nell’usare un combi o un pullmino, l’altra faccia della medaglia sta nella preistorica scomodità del mezzo che, però, è ampiamente compensata dalle grasse risate che esploderanno durante i mille imprevisti e sorprese dei perigliosi tragitti condivisi con personaggi dall’improbabile odore, colore ed espressione. Assolutamente da non perdere, ad esempio, in questo fine viaggio è la visita di alcuni dei mercati del Valle. Ma attenzione, tutte le guide (anche la Lonely) osannano il famosissimo mercato di Pisac, consigliando di andarci di giovedi o domenica per vederlo in tutto il suo splendore…SBAGLIATO!!! Non dimenticate mai che la Lonely Planet, é si impareggiabile per aiuti dal punto di vista logistico ed organizzativo (soprattutto in materia di trasporti e tragitti) ma è piuttosto fallace in molti altri settori.


Non dimenticate mai che è nata ed è prevalentemente studiata per popoli di origine anglosassone, che in materia di piacere per la autenticità e verità dei luoghi, direi che proprio non brillano. L’americano medio (locuzione che è sinonimo di “deficiente”) è irrimediabilmente attratto da mercati finti e/o pataccogeni e, quindi, da luoghi che noi europei, culturalmente più attrezzati, probabilmente considereremmo delle truffe marrufone al nostro diritto di spendere bene i soldi ed il nostro tempo. Insomma, forse, Pisac “era” il miglior mercato…prima che gli americanotti lo invadessero, immancabilmente, tutti i giovedi e tutte le domeniche con vagonate di bus turistici e mezzi vari. Un tempo, almeno fino a quattro anni fa, Pisac era un trionfo di spontanei vortici di colori, odori e sensazioni; un luogo dove contrattare un prodotto della selva, della montagna e della terra, con persone comuni che abbandonavano i villaggi per vendere il loro lavoro o per cucinare il loro cibo. Si poteva assaggiare un piatto tradizionale cotto alla maniera dei campesinos, oppure si poteva apprezzare la verità di un tessuto. Si poteva ancora comperare dell’argento ad ottimo prezzo. Oggi, haimé, la autenticità dei banchi, dei mercanti e dell’artigianato, è quella che si può trovare su molte delle strade più turistiche del Perù…insomma, Pisac sta finendo. Purtroppo. E non per colpa nostra. Molto meglio, oggi, dal mio modesto punto di vista, è visitare il mercato di Chinchero che, sempre per quello che ho potuto vedere le quattro cinque volte che ci sono stato, ancora presenta i mercanti seduti per terra, almeno nella piazza di fronte alla bellissima chiesa, e prodotti meno inflazionati. Insomma, vale la pena cominciare a tralasciare ciò che oramai ha perso il suo fascino antico. Diversa invece è la storia per quanto riguarda le rovine della città vecchia di Pisac. Il sito archeologico di Pisac è, purtroppo, troppo spesso sacrificato a vanatggio del finto-mercato, luogo nel quale i turisti, ma la responsabilità è prevalentemente delle loro guide e di chi le accompagna, decidono sciaguratamente di spendere tutto il loro tempo trascurando la passeggiata per la strada che si inerpica sino al sito e la visita alle rovine, tragitto di un fascino sicuramente meritevole di un paio d’ore di esplorazione. Ci si arriva con una stradina di una decina di Km in macchina o con un sentiero di 5 km di passeggiata spettacolare fra andenes e gole dipinte di verde intenso e ricco. Appena all’entrata del sito, vi sono decine di ragazzi che saranno disposti a farvi da guida e, nella maggior parte dei casi, sono sufficientemente competenti da potervi rendere un buon servizio per il modico prezzo che chiedono. Il sito offre viste spettacolari dove, come se si inquadrassero in cornici minuziosamente studiate, le geometrie dei resti si inseriscono armonicamente nelle sinuosuità dei paesaggi che compongono la valle, in un gioco di prospettive grandiose e distanti. Il sito offre tutta la serie delle maestrie igegneristiche Incas; opere civili, irrigue e di abitazione, opere militari e per l’agricoltura.


Insomma, una rappresentazione completa della maestria di questo popolo nell’arte della costruzione.

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