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Letteratura & Letture Mario Vargas Llosa

Aggiornamento: 27 gen 2023



Jorge Mario Pedro Vargas Llosa (Arequipa, 28 marzo 1936) è uno scrittore, giornalista, politico e drammaturgo peruviano naturalizzato spagnolo, vincitore del Premio Nobel per la letteratura nel 2010.

Vargas Llosa nasce il 28 marzo del 1936 ad Arequipa, una città del Perù meridionale, in una famiglia creola del ceto medio. Vive fin da giovanissimo esperienze oltre i confini del suo Paese: cresce in Bolivia, studia Lettere e Giurisprudenza presso l'Universidad Nacional Mayor de San Marcos, si sposta poi a Madrid, dove riceve buona parte della propria educazione stilistica e prende la cittadinanza nel 1993; ma anche Parigi, dove tra le altre cose diventa giornalista per la France Press; Italia e Inghilterra, nella cui capitale elegge il proprio domicilio.[1] Personaggio eclettico ed esuberante, assai noto in patria, inizialmente vicino alla sinistra dalla quale si distaccherà del tutto, alterna l'impegno letterario a quello civile, fino ad arrivare a candidarsi alle presidenziali peruviane del 1990, dalle quali esce sconfitto da Alberto Fujimori. Proprio questa sconfitta lo spingerà a prendere la nazionalità spagnola, in aperta polemica con la politica nazionale.[1] Letteratura [modifica]

Vargas Llosa nel 1985 Tra i principali esponenti della rinascita della narrativa sudamericana insieme a Gabriel García Márquez, inizia la propria carriera letteraria nel 1959 con la raccolta di racconti Los jefes. Ma il vero successo giunge nel 1963 col romanzo La ciudad y los perros, pubblicato in Italia da Feltrinelli nel 1967 e ambientato nell'accademia militare di Lima, frequentata dallo stesso scrittore. Il libro, redatto con una particolare tecnica narrativa in cui narrazione e sovrapposizioni di tempi e piani si alternano in uno stile quasi cinematografico, viene però inizialmente addirittura bruciato in Perù perché considerato dissacrante[2]. La medesima tecnica narrativa è riutilizzata anche nel seguente La casa verde (1966), nel quale narra le vicende di una casa chiusa a Piura e col quale vince in Premio Rómulo Gallegos. Il terzo romanzo pubblicato è Conversación en la Catedral, nel 1969, una dura analisi della vita politica e sociale del proprio paese. Segue nel 1973 il romanzo satirico Pantaleón e le visitatrici (Pantaleón y las visitadoras), seguito a sua volta da La tia Julia y el escribidor (1977), che lo vedono cimentarsi con uno stile diverso, improntato sull'ironia.

Con La guerra del fin del mundo del 1981, in cui ripercorre le vicende nel movimento millenarista del profeta brasiliano Antônio O Conselheiro (Antonio Il consigliere), si spinge ancora più a fondo nelle vicende brasiliane, conducendo una lucida analisi dei contrasti fra la società costiera nello stato di Bahia, prevalentemente intellettuale e progressista, e la popolazione più arretrata e conservatrice dell'interno. L'impostazione dell'opera è in gran parte pessimistica, e mostra sconsolatamente come le zone meno evolute siano schiacciate dai fermenti delle altre. A quest'opera capitale fa seguire Historia de Mayta (1984) che affronta il tema del terrorismo, Quién mató Palomino Molero? (1986), un giallo dal risvolto sociale, Elogio de la madrasta (1988), un libro erotico, e El hablador (1987), tutti romanzi legati da un filo di fondo politico sociale. Pubblica poi El pez en el agua (1993), proprio riguardo alla propria esperienza in politica, e Lituma en los Andes (1993), un giallo che gli vale il Premio Planeta.

Nel 1997 pubblica Los cuadernos de don Rigoberto seguito tre anni dopo da La festa del chivo e da El paradiso en la otra esquina nel 2003 e da Travesuras de la niña mala pubblicato nel 2006. Nel 2010 vince il Premio Nobel per la letteratura per «la propria cartografia delle strutture del potere e per la sua immagine della resistenza, della rivolta e della sconfitta dell'individuo». Diviene così il primo scrittore di origini peruviane a vincere questo riconoscimento. Se numerose opere di Vargas Llosa sono influenzate dalla società peruviana, molte sono anche quelle incentrate sull'Europa, continente nel quale Vargas Llosa ha vissuto larga parte della sua vita a cominciare dal 1958 (in particolare Spagna, Inghilterra e Francia), tanto da ricevere la cittadinanza spagnola nel 1993. In Italia è pubblicato da Einaudi e da Libri Scheiwiller.

È anche stimato autore di teatro, con all'attivo una decina di opere teatrali.

Varie sue opere, come per esempio Pantaleón e le visitatrici (1973) e La zia Julia e lo scribacchino (1977), hanno ottenuto una trasposizione cinematografica. Vargas Llosa oltre che scrittore, come numerosi altri autori latinoamericani è particolarmente attivo politicamente. Negli anni cinquanta si dichiara vicino a Fidel Castro e alle sue idee, per poi però distanziarsene e criticarle. Tale gesto gli causa forti attriti con l'amico-nemico García Márquez, apertamente di sinistra, sul quale Vargas Llosa nel 1971 aveva scritto una tesi di dottorato.[2] I due, in seguito a tali divergenze, recidono del tutto i propri rapporti di amicizia, in un clima di tensione mai successivamente sopito. Negli anni ottanta prende apertamente posizione politica provocando una certa sorpresa per le sue posizioni neoliberiste avvicinabili alla destra. Nel 1983 è nominato dal presidente del Perù, Fernando Belaúnde Terry, presidente della Commissione di Inchiesta sul caso Uchuraccay, per far luce sull'assassinio di otto giornalisti da parte di alcuni terroristi.

Nel 1987, di fronte agli intenti del governo aprista di Alan García di nazionalizzare la Banca Peruviana, Vargas Llosa si pone alla testa dei contrari. Inizia così la sua carriera politica che culmina con la presentazione come candidato alla presidenza del Perù nel 1990. Durante gran parte della campagna elettorale è favorito, tuttavia l'improvvisa crescita della popolarità dell'altro candidato Alberto Fujimori, che fino a quindici giorni prima delle elezioni appariva con meno del 10% delle preferenze, porta a un ballottaggio nel quale Vargas Llosa è sconfitto. Dopo le elezioni si trasferisce in Spagna, a Madrid. Il governo socialista gli concede la cittadinanza spagnola nel 1993 senza imporgli l'obbligo di rinunciare a quella peruviana. È membro della Reale Accademia Spagnola della Lingua. Mario Vargas Llosa è uno dei primi firmatari del Manifesto per la lingua comune del giugno 2008, un documento pubblico presentato dai suoi estensori come difesa delle minoranze castigliano parlanti nelle Comunità autonome della Spagna, diretto in particolare contro ogni tutela del catalano in Catalogna, Paese Valenziano e Baleari.

Intervistato dal Corriere della Sera riguardo alla politica italiana e alle prospettive dei sistemi politici mondiali, si è espresso sul Presidente del consiglio Silvio Berlusconi definendolo un «personaggio superficiale, poco colto, che offre poche credenziali sul piano etico», riconoscendogli tuttavia «un talento politico eccezionale» con «governi che hanno garantito all'Italia ordine, stabilità, continuità»; affermando però che «non sarebbe lì senza le sue televisioni; la sua è la vittoria della cultura dello spettacolo;», «un segno dell'involuzione etica della democrazia, evidente in tutto il mondo: l'Italia ha anticipato una questione che ci riguarda tutti». Sull'opposizione, si è espresso affermando che «la sinistra italiana è un anacronismo», non consapevole «di vivere in un mondo completamente mutato», «vecchia», con «gli stessi uomini» e «idee pensate in tempi remoti».

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